martedì 20 settembre 2011

VIAGGI: ESTERIORI ED INTERIORI

Scrive Emerson, il grande filosofo trascendentalista americano: “Viaggiare è il paradiso dello sciocco. I nostri primi viaggi ci svelano l’indifferenza dei luoghi. A casa sogno che a Napoli o a Roma io posso essere inebriato di bellezza, e liberarmi dalla mia tristezza. Riempio il mio baule, abbraccio gli amici, mi imbarco sul mare, e infine mi sveglio a Napoli e là accanto a me c’è la dura realtà, l’ostinato, identico me stesso triste. Cerco il Vaticano e i palazzi. Fingo di essere inebriato da viste e suggestioni, ma non sono inebriato. La mia gigantesca ombra viene con me ovunque io vada.”

Fortunatamente non è sempre così ogni volta che si viaggia, ma può capitare. E il punto è… che dipende da noi!

Bisogna stare attenti, se vogliamo un viaggio davvero soddisfacente e significativo, a non viaggiare solo con il corpo. I luoghi in se stessi non possono darci la soddisfazione che cerchiamo. C’è chi rimane indifferente anche alle più spettacolari meraviglie della natura, e chi passa in mezzo a popoli spiritualmente ricchissimi, senza esserne minimamente toccato.

Quando partiamo per un viaggio, e lo vogliamo vivere appieno, è fondamentale prepararsi interiormente.

Poiché non possiamo lasciare a casa noi stessi, dobbiamo sforzarci di portare i lati migliori di noi. Le negatività quotidiane vanno, per quanto possibile, lasciate indietro. Bisogna fare uno sforzo di lasciare a casa tristezze, preoccupazioni, paure, o di accantonarle consapevolmente non appena riaffiorano alla coscienza.

Nei nostri viaggi dobbiamo imparare ad aprire la mente e il cuore. Il viaggio è una nuova opportunità! Il viaggio è avventura! E l’avventura comporta talvolta anche delle difficoltà. Noi dobbiamo imparare ad affrontare tutto con spirito, spesso anche con una buona dose d’ironia.

In molte occasioni, in viaggio noi dobbiamo pensare più a dare che a ricevere, e questo vale specialmente con le persone che incontriamo.

È proprio ciò che ci portiamo dentro a fare la differenza tra una splendida vacanza e una vacanza da incubo.

Io so di essere stato benissimo in alcuni posti che erano vere catapecchie, così come di esser stato di pessimo umore in un resort di lusso. Cos’è che ha fatto la differenza se non ciò che avevo dentro?

Solo così, quando il viaggio diventa una sfida a noi stessi, ad abbandonare le cupe ombre interiori, le meschinità e l’egoismo, il viaggio diventa uno strumento per rompere gli schemi e imparare delle lezioni di vita, ed acquista il sapore tutto nuovo, che nasce dall’essersi messi in gioco.

sabato 30 ottobre 2010

Cari amici lontani...

In questa piovosa giornata d'autunno penso a voi tutti, amici lontani.
I chilometri e le circostanze e il tempo, adesso ci separano.
Sì, sto parlando proprio a voi, che forse adesso leggete questo post di questo blog dimenticato e trascurato, e quando e dove lo leggete non ha nessuna importanza.
La vita ci ha concesso alcuni momenti insieme, e ora il velo del maya apparentemente ci separa.
Ma sappiate che siete stati importanti, anzi siete importanti, per ciò che io sono adesso, perché ciò che sono diventato, lo sono anche grazie a voi, sia che il vostro contributo sia stato piccolo o enorme.
Perciò ovunque voi siate, stasera vi mando un sorriso, una preghiera, un incoraggiamento, una benedizione.
Un abbraccio incorporeo, ma non per questo meno reale, autentico, sincero. Tutto quel che dovete fare è chiudere gli occhi e riceverlo. Lo sentite?
Non ci sono distanze, tra i cuori.

domenica 7 febbraio 2010

In difesa della Semplicità

E' un po' di tempo che me lo sento ripetere da più parti... Questo libro è troppo semplice, questo film è troppo semplice, i discorsi di quella persona, la sua filosofia sono troppo semplici... è tutto troppo semplice!
E, di norma, questo particolare commento altrui va a colpire qualcosa che apprezzo particolarmente, e che ho amato. Certo, ogni persona è diversa, ed è naturale che non tutto ciò che colpisce me, colpisca in egual misura gli altri, così come io non sono particolarmente impressionato da tutto ciò che entusiasma gli altri.
Il fatto però è che mi viene frequentemente e specificamente rimproverato che ciò che piace a me è "troppo semplice".
Certo, in tutto ci va equilibrio, e una volta si può andare a vedere una mostra e leggere un trattato complesso, un'altra si può andare a fare una passeggiata in mezzo alla natura e leggere un libro per bambini. Ma non è detto che si riceva di meno nel secondo caso, anzi.
Le cose più semplici nascondono una loro profondità, un'armonia naturale che può sfuggirci se ricerchiamo qualcosa di arzigogolato, di complesso. Se ciò che ho davanti è troppo complicato, spesso va a finire che il suo significato mi sfugge e mi sento a disagio, e allora la mia attenzione inizia a divagare e tendo a cercare di svicolare. Per contro, una cosa semplice, la cui comprensione mi si presenti spontaneamente, e che magari mi induca a riflettere su un aspetto importante, ha subito tutta la mia attenzione. Senza contare che una cosa semplice, di solito, colpisce al cuore, essendo molto più diretta.
Mi rendo conto che quanto dico non è del tutto corretto. Il rischio è quello di perdere, forse per pigrizia, un certo livello di approfondimento, e ci sono occasioni in cui si deve valutare di addentrarsi in discorsi il cui significato sia meno evidente, e magari fare uno sforzo mentale in più per afferrare questioni più complesse. D'altro canto, il rischio opposto è quello di dare per scontati gli aspetti fondamentali e andare a impegolarci in cose che non capiamo perché ne abbiamo perso il significato originale più profondo.
Che volete farci, sarò troppo semplice, ma il più delle volte mi piace così.

domenica 24 gennaio 2010

Età interiore

Mi sta succedendo questo fatto strano: mi sento molto più giovane in questo periodo rispetto a quindici o vent'anni fa. Ammetto che possa sembrare una pia illusione, ma se analizzo quello che faccio adesso con ciò che facevo allora, posso tranquillamente dire che faccio di più e con maggiore energia.
Faccio molto più sport. Nelle mie serate arrivo a fare delle ore che a vent'anni, quando ero all'università, non mi sognavo neanche. Faccio lunghe passeggiate in montagna. Vado in giro a ballare nei locali, quando ho sempre odiato farlo in passato.
E non è neanche una cosa soltanto fisica. Mi sento più giovane anche mentalmente. So, ad esempio, di essermi liberato da molti pregiudizi, e di avere una mentalità più aperta verso gli altri, anche chi è diverso da me o che ha opinioni anche contrarie alle mie. E questa nuova maturità mi apre interi mondi, che erano chiusi per me quand'ero "giovane".
Amo anche leggere i libri per bambini, e nelle (seppur rare) occasioni in cui mi trovo in presenza di bambini, scopro miracolosamente di "saperci fare", e che loro si divertono un sacco a giocare con me. Ora, tutto questo è senz'altro molto incoraggiante.
Quando però guardo agli altri intorno a me, per esempio ai miei coetanei che veleggiano verso i quaranta, vedo che si dividono in persone che si sentono sempre giovani e persone che invece si sentono invecchiate. E non dipende nemmeno dall'essere single, sposati oppure genitori. Trovo genitori che si sentono giovani e single che si sentono vecchi.
E' vero, il corpo non risponde forse più come un tempo... ma insomma, se buttato un po' nella mischia non è che non risponde proprio più!
La mia conclusione è che per essere giovani, bisogna pensarsi giovani e per pensarsi giovani occorre un po' di forza di volontà e di perserveranza nello scacciare con coraggio, non appena si affacciano alla nostra coscienza, i pensieri opposti "sono invecchiato" "non sono più quello di una volta" "ormai non c'è più molto da fare"... eccetera !
Questo cambia le prospettive anche per la vecchiaia vera e propria, mi pare. In fondo, questa settimana ho portato i miei genitori entrambi settantenni a vedere Avatar in 3D. E i loro commenti, sia al film che al 3D erano talmente entusiasti che potevano essere tranquillamente presi per quelli di due bambini...

mercoledì 16 dicembre 2009

Simbologia dell'Albero di Natale

Nel suo famoso bestseller Così parlò Bellavista, Luciano De Crescenzo divide l'uomo in due categorie, il caloroso uomo d'amore ed il freddo uomo di libertà, il napoletano e il milanese, l'uno attento al sentimento e capace di godersi la vita, l'altro orientato verso il lavoro, l'economia, la convenienza. E, a proposito dei simboli del Natale, sostiene che l'uomo di libertà è tristemente alberista, mentre l'uomo d'amore è presepista.
Ma che significa l'albero di Natale? E' solo un oggetto luccicante di bell'aspetto? E' solo una tradizione nordica? Che c'entra con il Natale inteso come la nascita di Cristo?
Da alberista convinto, e ritenendomi uomo d'amore più che uomo di libertà, in questo post voglio dire la mia! Pur senza nulla togliere al Presepe, che mostra (anche in modo devozionale) una rappresentazione storica, vorrei dire pubblicamente che l'albero di Natale è un profondo simbolo natalizio ed è un simbolo d'amore.
Quando un oggetto entra così potentemente nella tradizione ed è riconosciuto in modo così ampio, per me è segno che ha una fortissima valenza simbolica.
Provo dunque a dare un significato a questo simbolo:
L'albero, in molte tradizioni anche molto diverse, rappresenta la vita, tanto che "l'albero della vita" è un simbolo esso stesso. Se dunque consideriamo l'albero come la nostra vita, ecco che il simbolo dell'albero di Natale comincia a prendere forma.

Manca ancora al quadro una visione anch'essa simbolica della Nascita di Cristo. Se anziché considerare solo storicamene la nascita di Gesù pensiamo alla nascita della divinità dentro di noi, dell'aspetto sacro e spirituale, dell'Illuminazione della nostra coscienza e della nostra vita, ecco che l'albero di Natale assume un significato molto profondo e molto bello:

"Quando facciamo nascere in noi la coscienza di Dio, ecco che l'albero della nostra vita si accende di splendide luci e si carica di doni."

Buon Natale a tutti !!!

sabato 12 dicembre 2009

Il Nucleo Caldo nella Nebbia

Ed ecco che, almeno da noi, inizia la stagione delle nebbie. E le persone, di norma, reagiscono male alla nebbia perché essa crea una sorta di oppressione della vista e dell'udito e si tende a trasferire questa oppressione anche al nostro umore.
Ma noi possiamo scegliere di dare alla nebbia un significato completamente differente. Pensavo a questo mentre
un mattino guidavo per andare al lavoro nei campi immersi nella nebbia. L'atmosfera era magica, ammantata di mistero e suggestione, i suoni parevano dolcemente ovattati, ed io stavo bene con me stesso. Mi sentivo gioioso e vivo.
Poiché la nebbia chiude l'estensione dei sensi, la sua naturale conseguenza è quella di portarci all'interiorizzazione, all'intimità di noi stessi. Se noi dunque riusciamo a porci nello stato d'animo di amare la parte più profonda di noi stessi, scopriremo nella nebbia un benigno, silenzioso, umile alleato e potremo goderne pienamente.

mercoledì 28 ottobre 2009

Per augurare a tutti un autunno splendente


Benvenuti tra gli ori, i gialli e i rossi della Natura che si infiamma del suo annuale Canto del Cigno. Questo è il momento in cui gli aceri e i liquidambar, e i boschi tutti si rivestono del loro abito più bello e regalano bellezza a chiunque voglia dedicare un minuto a una gioia della vita.
Questo blog si chiama anche "limpide giornate d'autunno" perché ai primi freddi l'umidità si deposita e nelle rare giornate di sole l'aria diventa tersa, rendendo tutto più splendido di una luce che non c'è in nessun altro momento dell'anno.
E' il momento prima del sonno, in cui ci si ritira, e tutto si fa raccolto, sommesso, intimo. Come la Natura, così anche noi, che inconsapevoli, Le rispondiamo ancora nei nostri livelli profondi.
Non lasciamo che questi momenti vadano sprecati, perché volano via veloci, e bisognerà attendere un altro anno prima che tornino. Godiamone a pieno.